Editoriale

La nostra professione per il bene comune

di Susanna Bianchini – Presidente Irpir

 

Come potrete vedere, leggendo l’articolo “Ricchezza, valore” di Massimo Gubinelli così come le pagine di questo numero, emerge sempre più chiaramente come questa newsletter si stia caratterizzando con il taglio di promuovere, al nostro interno e all’esterno, una cultura fondata sull’interdipendenza reciproca e la ricerca del bene comune.

Una breve ricostruzione storica dell’Irpirino aiuta a contestualizzare il senso di questa mia riflessione.

Se diamo uno sguardo ai primi numeri, questi erano caratterizzati dal raccogliere iniziative, esperienze, interessi propri dei trainee, di psicoterapeuti e di docenti. Avevano il pregio di creare una rete di contatto tra i soci così che le risorse di qualcuno, una esperienza lavorativa, una formativa, o la lettura di un libro potessero essere una risorsa per qualcun altro. L’irpirino era un modo per mantenere viva la vita all’interno dell’associazione in linea con quello che era un desiderio di Pio espresso nel 1° e unico editoriale che scrisse, nel 2008: “Con molta soddisfazione incomincia a concretizzarsi un vecchio desiderio di comunicare tra noi in modo più ricco e personalizzato. Siamo molto cresciuti in questi anni, intorno a un migliaio di fedeli irpirini e altri circa seicento che sembra preferiscono rimanere un po’ nell’ombra, ma adesso li sveglieremo (se vogliono far cricca con noi) …..”. Sicuramente nel leggere queste righe diversi staranno richiamando il suo tono di voce, scherzosamente burbero, il suo sorriso aperto e le sue parole caldamente schiette. Insieme a questa immagine riconosciamo anche il “do” iniziale, dato da Pio, con cui è nato l’irpirino: stare in contatto e sostenerci reciprocamente in quanto psicoterapeuti.

Ecco, penso che nel tempo ci sia stata un’evoluzione naturale: da un interesse esclusivo alle vicende di “casa nostra”, quelle della nostra comunità di psicoterapeuti, a quello rivolto anche a vicende del mondo in cui siamo inseriti. Siamo entrati in dialogo con altro da noi, portandoci un’eredità: quella di promuovere il contatto tra le persone e di vedere nel sostegno reciproco un valore di riferimento per la convivenza umana.

Questo numero segna il passo di questa evoluzione: dal custodire una cultura fondata sull’interdipendenza reciproca e la ricerca del bene comune all’interno della nostra comunità, al promuovere responsabilmente una simile cultura nel contesto di vita in cui siamo inseriti.

Voglio richiamare la vostra attenzione su alcuni contributi che documentano esplicitamente il cambiamento individuato.

  1. La rubrica Cosa bolle in pentola?“ non raccoglie solo iniziative per la formazione/aggiornamento degli psicoterapeuti, ma presenta anche un percorso di formazione per psicologi che lavoreranno con gli insegnanti   ed uno rivolto agli assistenti sociali. Il primo si sostanzia nel Training Coping Power Scuola, un corso di formazione realizzato in sinergia tra la SSPC-IFREP e la SSSPC-UPS e dalla SSPT-SAPA; si tratta di un percorso finalizzato alla promozione, nel gruppo classe, della regolazione emotiva dei ragazzi, il secondo tratta di un percorso di formazione intorno al tema dell’affido. Ambedue sono accomunati da un impegno esplicito nell’ambito della prevenzione e non solo della cura.
  2. Nella stessa direzione va l’impegno ed il coinvolgimento dell’IFREP nel progetto Talking di cui abbiamo parlato estesamente anche nei precedenti numeri. Ancora una volta il focus non è la cura ma la formazione di coloro che sono impegnati in prima linea con i movimenti migratori in atto in questi anni, siano questi insegnanti o operatori coinvolti nella prima accoglienza. E’ un impegno nella direzione di governare la convivenza umana in un mondo che sta cambiando
  3. Infine è degna di una particolare attenzione per il suo valore culturale l’iniziativa Requiem per la gente del Mediterraneo promossa dall’Associazione ARPI-SSPIG di Palermo. Costituisce proprio un richiamo esplicito a mobilitarsi di fronte al fenomeno esponenziale di vite umane interrotte laddove si è alla ricerca di condizioni di vita dignitose.

Così, maturando il valore dell’interdipendenza nei nostri percorsi formativi e nella nostra pratica professionale, abbiamo anche acquisito la consapevolezza da un lato di quanto esso possa essere elemento positivo e fondante il bene comune, dall’altro che possiamo attivamente proporlo in un costante dialogo con il mondo in cui andiamo ad operare.

Susanna Bianchini