L’angolo del terapeuta – i

Dritto al cuore!

di Sabrina Mameli – Ifrep Cagliari

 

Quando Davide mi ha chiesto di scrivere qualcosa della mia esperienza di quest’ultimo anno sono rimasta un po’ interdetta, chiedendomi quale fosse il ‘taglio’ che avrei potuto dare, in questa newsletter, all’esperienza che sto vivendo.

Eppure ho scritto tanto in questo anno agli amici, fra cui anche molti colleghi, da un lato per un bisogno mio di condividere quello che vivevo, dall’altro perché vedevo che ciò che io raccontavo di me colpiva profondamente e spesso era utile per le persone che ricevevano le mie lettere, tanto da farmi dire che ciò che sto vivendo non è solo per me ma anche per altri.

Ma cosa scrivere in una newsletter, rivolta anche a molti colleghi che non conosco?

Poi mi è venuto in mente cosa sta accadendo con le persone che incontro e tutto si è semplificato: c’è qualcosa che accomuna tutti e che continuamente riconosco come possibilità di stare in contatto, è il cuore; cuore che vedo sempre più chiaramente in tutti, cuore inteso come il desiderio di compimento, di felicità, che tutti ci troviamo dentro.

E allora anche in uno strumento come questo, una newsletter, è bello per me mettere in gioco il mio cuore e rivolgermi al vostro, a questo desiderio che abbiamo in comune…

Cosi mi è più facile scrivere…

Ma questa era solo la premessa… Arrivo al dunque.

Un anno fa ho scoperto di avere un tumore cerebrale nell’area motoria. (Ecco lo dico direttamente, senza giri di parole, come faccio in genere con le persone che incontro, tenendo conto della loro sensibilità ma senza voler censurare nulla, come ho fatto anche con i pazienti, con gli allievi e che mi pare importante perché autentico, intimo, generatore di una relazione dove tutto può essere messo in gioco). Sono stata operata e attualmente faccio le cure per cercare di eliminare le cellule tumorali rimaste.

Questa esperienza, fin da subito, non è stata per me una ‘disgrazia’ ma un’occasione per riscoprire la bellezza che c’è nella vita e, ancora una volta, nelle relazioni.

Cosa è accaduto per cui posso dire questo? Lo dico ancora in modo diretto: ho, per Grazia, approfondito la mia fede.

Già al momento della prima diagnosi mi è stato evidente che Dio era lì, presente e non mi abbandonava.

Durante tutto quest’anno si è manifestato nelle circostanze vissute, sia attraverso le persone che mi hanno fatto compagnia, sia nell’intimo del mio cuore.

Nella mia vita ho sempre coltivato la mia esperienza di fede, ma quel 12 gennaio 2017 qualcosa è cambiato, è stato come ‘le quattro del pomeriggio ‘ di Giovanni e Andrea, il riconoscimento di un Dio presente, presente davvero, che mi chiedeva di essere sua, di fidarmi di Lui; facendolo, rispondendo a Lui giorno dopo giorno, ho vissuto tutto con letizia e senza avere mai paura.

Mi sono chiesta come mai sia accaduto e credo di non poter dare una risposta compiuta, perché ha di certo a che fare con quello che Dio ha voluto fare con me, però riconosco che c’è una storia dietro che mi ha portato a poter vivere tutto questo. Ripenso alla mia famiglia, in particolare mi viene in mente mia nonna che mentre noi, da bambini, guardavano i cartoni animati recitava i suoi rosari; oppure che vedevo certa, mentre andava messa, che quello fosse il gesto più ragionevole da fare per sostenere la sua famiglia; e poi ripenso ai miei genitori, con una fede che nel tempo è maturata e ha portato mia madre a coinvolgersi sempre di più con la Chiesa  e mio padre a morire affidato totalmente a Dio.

E poi la mia vita è stata caratterizzata dall’appartenere a un movimento cattolico, Comunione e Liberazione, che mi ha sempre accompagnato nell’approfondire le ragioni dell’essere cristiani e nel vivere la gioia di poterlo essere, ancora una volta mettendomi davanti persone e momenti di persone da guardare e interiorizzare (diremmo noi…).

E mentre scrivo, ora, mi viene in mente Pio, col suo sorriso certo di un bene presente, sia mentre mi consegnava il diploma, sia, qualche giorno prima di morire, quando sono andata a trovarlo, e non parlava, ma sorrideva.

Una storia quindi, e delle persone significative che ho guardato nella mia vita, che hanno vissuto intensamente e che sono entrate dentro di me per far maturare quello che oggi sto vivendo.

Dio mi ha preparato così…

Pensavo: che ricchezza c’è nella persona! Dentro, che ricchezza c’è! Una ricchezza, una storia anche di bene, in ciascuno, ne sono certa, che, se fatta emergere, può arrivare fino a scoprire il significato dell’esistenza e a riconoscersi voluti bene da sempre.

Come noi aiutiamo le persone a vederla, riconoscerla, utilizzarla nella vita questa ricchezza? Perché non credo che il fiorire della vita possa avvenire solo nelle circostanze estreme, credo ci siano sempre occasioni, belle e dolorose, per tutti.

E così quello che io sto vivendo oggi è una letizia che deriva dall’affidarmi totalmente a Dio e dalla curiosità di vedere ciò che Lui vorrà fare con me.

Insieme vedo come questo si ripercuote anche sulle persone che mi stanno intorno che, insieme a me, stanno vivendo e riscoprendo un modo nuovo di vivere, alcune fino alla gioia della fede, dell’affidarsi, del poter vivere ogni circostanza come occasione per una vita più piena.

Mi capita spesso che le persone che incontro e che magari inizialmente sono dispiaciute, arrabbiate o impaurite per la malattia che mi ha colpito, dopo che stanno un po’ con me, vadano via serene, addirittura liete. Cosa accade in quell’incontro? Credo che accada una vicinanza vera, in cui entrambi mettiamo in gioco il nostro cuore in modo consapevole, spontaneo, intimo, autonomo direbbe Berne, dove l’autonomia non può prescindere dalla relazione.  C’è una sovrabbondanza di ciò che vivo (che è fondamentalmente la certezza che c’è un Padre buono che mi ama e, se mi ama, non farebbe mai qualcosa che non sia per il mio bene) che non posso non comunicare agli altri e gli altri ne sono contagiati.

E così alcuni si ritrovano a porsi domande sulla vita, altri a riflettere sulla loro esperienza, alcuni a desiderare la Fede, qualcuno a convertirsi…

Mi colpisce che non ho mai percepito critica, né verso di sé né verso di me, in coloro con cui condivido la mia esperienza (e vi assicuro che qualche antennina per la critica ce l’ho…): apertura, spontaneità, riflessione sulla propria vita, stupore, ma non critica da terzo quadrante né desiderio di fuggire da secondo. Insomma un’attivazione dei quadranti del benessere, non di quelli della patologia: una grande ricchezza che mi interroga, anche professionalmente, che mi fa chiedere come possiamo stimolare le persone, anche attraverso la nostra esperienza, a cambiare, direi a stare all’altezza, bella, del loro cuore.

Potrei dire molte altre cose ma mi fermo qua, con la gratitudine a Davide che mi ha chiesto di scrivere, perché sono sicura che, attraverso questo, Dio sta già operando per creare nuovi legami e nuove esperienze di bene.

Mi permetto di chiedervi, come faccio con gli amici, di pregare per me.

Sabrina