Psicolibrando_2

A PROPOSITO DELLE PARTI…

di Monica Guarise – Ifrep Venezia

 

Un bel giorno di aprile, ho preso il treno e sono andata a conoscere a Milano, Janina Fisher che teneva un seminario sul lavoro con le Parti. Ciò che mi ha attratto e guidato nel prendere la decisione di partecipare all’evento è stata l’enfasi, nel programma, di aiutare le persone con traumi precoci, a creare attaccamento con se stesso e fare amicizia con le parti. La possibilità di aiutare una persona che non ha avuto un Attaccamento Sicuro ma traumatico con i caregivers, a creare un legame d’amore con sé stesso, sicuro e protettivo, mi sembra molto in linea con la visione di Berne dell’uomo e della Phisys, la potenzialità per ciascuno di noi di riconoscerci, amarci e avere cura di vivere la nostra vita con l’energia di cui siamo dotati. Per Janina infatti, la Guarigione, “non è solo ricordare…guarire coincide con il momento in cui ci accettiamo, ci perdoniamo per quello che è successo, ci amiamo…lì sentiamo allora pace e calore”. Il libro ha uno stile narrativo, con molti esempi e di gran rigore scentifico. La Fisher infatti, propone di considerare la teoria dello sviluppo cerebrale come presupposto per poter lavorare con le Parti, cioè con aspetti di Sé che si sono dovuti tenere dissociati, separati, poiché non hanno ricevuto rispecchiamento o non sono stati riparati dal caregiver nella relazione con il bambino. Quando un bambino non ottiene sicurezza nella relazione, ma ottiene dolore, i suoi lobi pre-frontali smettono di imparare e il corpo calloso rimane ipoevoluto, più sottile, provocando di conseguenza reti neurali insufficenti a creare integrazione tra i lobi. Lo stesso Ippocampo, in presenza di traumi, rimane sottosviluppato. Tale presupposto, fa sottolineare all’autrice l’importanza di lavorare non con i singoli eventi Traumatici, bensì di lavorare con il Trauma dell’Attaccamento. Ciò che nel libro è oggetto di cura cioè è l’Attaccamento andato male (direbbe F. De Zulueta). Se ogni giorno abbiamo un genitore che ci critica, possiamo rivolgere a noi stessi le critiche, creando un attaccamento, un legame- negativo egosintonico, il cui risultato è non sentirsi amabili. Le persone si dis-connettono come modo per sopravvivere all’abuso/trauma: separarsi da quella parte di sé che è stata considerata e trattata come “cattiva”, è un modo per   ripudiare il “trauma”. Inoltre l’alienazione e la frammentazione “garantiscono” un mantenimento dell’Attaccamento alla famiglia. Tutto ciò rende abbastanza complesso il lavoro di recupero delle Parti dis-connesse e la loro integrazione. La Fisher propone perciò nel suo testo, un percorso con il paziente che va ad aiutarlo a: riconoscere le diverse Parti dentro di sé, accettare che ciascuna Parte ha una sua strategia difensiva per evitare il dolore dell’abuso/trauma, e iniziare a far sì che le Parti facciano amicizia, come indica l’autrice. Nel suo trattamento, insieme alle Parti, viene sempre nominato l’Adulto saggio, pieno di risorse che. nonostante l’abuso/trauma, ha saputo andare avanti con la sua vita. Questa Parte, viene spesso interpellata nel lavoro come una parte di sé che rappresenta l’ala che custodisce,sotto la quale iniziare a proteggere e custodire appunto, le emozioni autentiche che man mano emergono nel lavoro e le nuove decisioni che hanno bisogno di essere riapprese e rinforzate. Questo concetto, che ci ricorda molto il lavoro di Autogenitorizzazione di M. James, viene tenuto presente sempre nel libro e si può vedere bene come l’autrice accompagna il paziente a mentalizzare questa presenza più saggia dentro di sé , con cui iniziare a creare un nuovo rapporto e un legame d’amore con sé. Spesso inoltre, troviamo tra i passaggi del trattamento, interventi di psicoeducazione che vanno ad intervallare e agevolare il lavoro emotivo di riappropriarsi delle Parti e inizare ad amarle in modi nuovi e non secondo i patterns dell’abuso/trauma. La posizione che il terapeuta lungo tutto l’arco del lavoro terapeutico terrà, è di considerare la Parte, non come il “Me” del paziente, ma come proprio una “parte del suo ME”. La Parte non è ME, ma una PARTE di ME. Ciò va a impegnarci nell’uso di un linguaggio con il paziente che è in seconda persona: “cosa dice ora la tua parte che vuole suicidarsi”. Lo scopo di questo stile linguistico è di rendere visibile la Parte per il paziente e soprattutto aiutarlo a riconoscere il dono o vantaggio, che quella Parte ha avuto per lui. Sicuramente il cuore del trattamento per guarire la frammentazione del Sè, è quella dove l’autrice ci insegna come si fa a fare amicizia con le Parti, interpellandole come se fossero un amico a cui chiediamo “ehi tu come stai?” (tecnica che proviene dall’approccio della Ego States Therapy), “Chiedi cosa la preoccupa se..”, per far emergere il bisogno nascosto che si cela in ogni Parte e iniziare un dialogo nuovo per soddisfarlo con la Parte Adulta saggia che oggi se ne puo’ prendere cura. Nella sfida che tante volte incontriamo nel nostro lavoro di costruire o ricosruire benessere, questo testo ci viene in aiuto con passi concreti e tecniche da mettere in atto, che provengono da approcci diversi come la Sensorimotor, la Internal Family Sistems e dell’Attaccamento. Si tratta quindi di un lavoro molto profondo con la difesa e non contro la difesa, che stimola, in ultima istanza, lo sviluppo della Corteccia, in particolare nella sua funzione di capire e compatire Sé e l’Altro.E’ un testo che può aiutarci a creare nei pazienti un senso di sicurezza interiore anche con tutti quegli aspetti di Sè che per tanto tempo non hanno avuto neppure un nome…

Monica

 

Fisher Janina (2017). Guarire la frammentazione del sé. Come integrare le parti di sé dissociate dal trauma psicologico. Milano: Edizione Raffaello Cortina.