27 anni, una laurea in psicologia, mani sudate e tanta curiosità.

 

Con questo cv vitae mi sono presentata alla giornata dell’open day presso l’IFREP. Come me, c’erano tanti altri curiosoni; ho scrutato qua e là, più o meno avevano tutti la mia età. Anche i ragazzi del terzo e quarto anno erano presenti in quell’aula, la stessa nella quale qualche anno prima festeggiavo con una corona di alloro in testa, e che oggi si trova appesa in camera, accanto alle medagliette impolverate delle gare di danza.

Caspita, ho studiato tanto e ora, indosso di nuovo le vesti di una matricola! Davanti a me una ragazza del IV anno, riservata, un po’ timida ma determinata nella sua argomentazione, discute un caso clinico davanti a tanta gente, e penso: Ma perché tanta tortura? Dovrebbero convalidarle il diploma già dopo questa prestazione! Provo a guardarmi intorno per cercare appoggio, ma mi rendo conto che sono i miei pensieri a parlare per fortuna; per una buona volta, la bambina che è dentro di me non fa la ribelle. Che cosa dice la ragazza? <<Come potete osservare nella diapositiva, il paziente si pone in termini riscontrabili nel secondo quadrante, precisamente nella transazione xx, si può notare la posizione del BAMBINO RIBELLE…>> Oh mamma ma questa che fa mi legge nel pensiero? Come fa a sapere che.. Ancora una volta mi accorgo in tempo che non sto impazzendo, è tutto OK; OK, respiro…

<<dunque la posizione esistenziale ipotizzata è: io non sono OK e tu sei Ok.>> No vabbè qui c’è qualcosa che non va, le mani iniziano a sudare e i pensieri continuano, ero venuta per informarmi di una buona scuola di specializzazione ma qui mi sembra che sanno addirittura leggere nel pensiero, ma che doti ha questa falsa timida?

La voce di una donna accogliente e molto preparata attira la mia attenzione. La direttrice della Scuola porge delle domande stimolo alla giovane dottoressa, ma non è un’interrogazione, ciò che percepisco è un dialogo alla pari, un confronto tra colleghe e non c’è disparità o gerarchia. La cosa m’incuriosisce e mi stupisce al tempo stesso, già incomincio a comprendere dalla pratica indiretta un primo concetto dell’Analisi Transazionale: IO SONO OK –TU SEI OK.

Wow, mi sto attivando. I diagrammi sono per me dei geroglifici ma percepisco il senso dei discorsi, so che ho tanta strada da percorrere, ma il clima che sto respirando mi piace, mi stimola. Continuo a concentrarmi; l’empatia, l’importanza della relazione, l’ascolto empatico… Nuovi e vecchi termini si mescolano tra di loro ed io mi sento coinvolta come quando assisto a una puntata di Piero Angela. Tutto molto coinvolgente ma alla fine, il mio carismatico entusiasmo, fa i conti con la solita insicurezza – Ma io, ce la potrò mai fare? Sarò mai capace di parlare in pubblico con tanta disinvoltura? Sarò in grado di capire i miei pazienti e poterli davvero aiutare? – e mentre le mani tornano a sudare e il perfetto meccanismo dei pensieri autosabotaggio si attiva, la ragazza non tanto timida e con i poteri magici parla ancora sopra le mie parole inespresse, interrompendo un monologo silenzioso <<Anch’io all’inizio pensavo che non ce l’avrei mai fatta, ma oggi sono qua e sono una professionista. Esco da questa scuola avendo gli strumenti per poter svolgere il mio lavoro e sono sicura di poterlo fare anche lì fuori>>.

Solo in quel momento torno a godermi il clima, zittisco le loquaci insicurezze e rimango in silenzio ad applaudire a quella che un giorno, anch’io potrò diventare…

Giada Salvatori – I anno 2017 – SSPC-IFREP, sede di Roma