L’angolo del terapeuta

L’angolo del Terap-eat

di Monica Guarise

 

L'angolo del terapeuta

Mi siedo per rilassarmi, la tv è accesa, l’onnipresente telecomando in mano… prima un canale, poi un altro: si susseguono veloci proposte, programmi, facce che occhieggiano per incoraggiare il telespettore a depositare il telecomando e restare in balia dell’alchimia dell’eroe di turno della serata.

Rimango colpita dagli innumerevoli programmi e spot pubblicitari sul cibo: come preparare il cibo, come mangiare cibo, come preparare tavole imbandite di cibo, come vincere premi preparando il cibo … insomma un tripudio di cibo!!

Caspita!

Mi colpisce e resto sospesa e ammaliata da una trasmissione dove gente comune affida a tre chef famosi, il desiderio del cuore: cucinare con amore e creatività tutto ciò che capita in frigo. E’ strano, temo che guardando tanto ben di Dio da mangiare mi verrà una fame compulsiva e svuoterò la dispensa in preda di un’acquolina contagiosa … e invece no. Ciò che mi attrae e mi colpisce profondamente di questi programmi che si alternano sui canali accesi, è una sensazione di bellezza, di estetica della forma, di ricerca di armonia da offrire e donare all’altro.

Masterchef

Da brava strizzacervelli allora mi chiedo: ”perché tutta questa immersione nel cibo sparato a tutte le ore?”, ”cosa si vuole attivare inconsapevolmente con tutta questa moda del cucinare?”.

Ripenso ad un bellissimo film, il mio film preferito, ”il pranzo di Babette”, nel quale una famosa cuoca prepara del cibo favoloso ad una mensa di invitati mormoni che fanno del piacere e della felicità dei sensi, un peccato da espiare. Il film è quasi silenzioso, fatto solo di movimenti e sorsi attorno prima ad un fornello povero, dove eccezionalmente troneggiano cibi prelibati e vini eccelsi, e poi attorno ad una tavola, dove pian piano, portata dopo portata, i visi si rilassano, le parole si alternano ai bocconi, i cuori si donano all’intimità reciproca.

Ecco il segreto: l’intimità!

Questi programmi inconsapevolmente, sono programmi per creare la nostalgia dell’intimità, la condivisione donata di noi, il piacere di trovarci vicini nel piacere semplice di stare vicini, insieme direbbe Pio … nell’Eucarestia direbbe Gesu’ Cristo, primo sostenitore di questi programmi, visto che guardo caso ha scelto proprio una cena come immagine di dono di sé e di intimità …

Questo è quello che manca alla gente, intimità: troppa solitudine, anche se siamo pieni di gente nelle nostre vite, che è caratterizzata da un analfabetismo che fa ammalare, il parlare del cuore.

Il cibo veicola il nostro primo ricordo di intimità con quella madre che nell’allattarci o sfamarci, ci raccoglie tra le braccia guardandoci intensamente e lasciandosi guardare. Il cibo porta chiunque alla precoce esperienza d’amore incondizionata che abbiamo fatto, che è credere profondamente con fiducia che qualcuno si occuperà di noi. Il cibo mangiato con qualcuno è un rito per cui sentiamo attrazione da sempre, perché è come promettersi ogni volta che staremo vicini nel donarci ciò che ci tiene in vita. Allora penso alla mia esperienza di terapeuta, quando affamata in studio per cali improvvisi di energie, mangio qualcosa e lo offro al paziente gentilmente. Mai, mai ho ricevuto un rifiuto: tutti hanno sempre preso dalle mie mani un acino d’uva, un biscotto, un succo di frutta, perfino i più difesi, i pazienti intrattabili, quelli che abitualmente mi fanno vedere i sorci verdi!

Perché invece il cibo lo prendono? E perché lo mangiano tranquillamente con me mentre lavoriamo per sciogliere i nodi della loro vita? Perché credo questa sia Terap-eat: terapia con il cibo, terapia del cibo … E’ pura intimità, una connessione tra due esseri che nel mangiare insieme affermano e vivono il segreto più antico del mondo: abbiamo un limite, siamo mortali, se non mangiamo ci aspetta un solo esito. Se mangiamo viviamo, ma se mangiamo con qualcuno quella stessa vita che cerchiamo di difendere, diventa anche condivisione, intimità, insieme … Come Pio scriveva: nasciamo e moriamo da soli, ma la vita è la parentesi piena di relazioni che sta nel mezzo. Lavoriamo per questo con amore, come la Benjamin insegna creiamo antitesi al male offrendo il bene, il verde anziché il rosso, il piacere di ritrovarsi e trovarsi, l’intimità con sé e con l’altro, un cibo donato e mangiato, un’intimità che guarisca questa malattia del nostro tempo: la solitudine … anche perché no, con una buona terap-eat!

Monica Guarise (Ifrep Mestre)